I gadget AI dovevano liberarci dagli smartphone, ma hanno fallito miseramente

Rabbit R1 vs Humane AI Pin

Da anni gli appassionati del settore tech si chiedono quale sarà il prossimo device rivoluzionario dopo lo smartphone: dopo vari fallimenti, sembrava che i gadget AI potessero prendere questo posto, tuttavia per ora restano dei concept appena abbozzati, dati in pasto al grande pubblico.

Sarà che noi appassionati di tecnologia non siamo mai contenti, e siamo sempre alla ricerca di un nuovo rivoluzionario gadget su cui mettere le mani. O forse è perché i primi anni Duemila sono stati un periodo di grande innovazione sul fronte dei cosiddetti device post-PC, e ora ci siamo abituati troppo bene. Sarà che mentre tutti dicono che l’evoluzione tecnologica è troppo rapida, noi la vorremmo ancora più veloce.

Qualunque sia il motivo, è oramai da quando la febbre degli smartphone ha iniziato a calare che ci interroghiamo su quale possa essere il futuro device in grado di sostituire lo smartphone. Domanda lecita, non c’è dubbio, ma probabilmente anche inappropriata, non fosse altro perché di solito non è che le grandi innovazioni nascano proprio a tavolino; al contrario, molto spesso la base di partenza è la necessità di risolvere un problema. E lo smartphone, forse l’ultimo device consumer ad aver sfondato veramente sul mercato, nacque ai tempi proprio dall’esigenza di risolvere un problema, cioè che i cellulari erano troppo limitati e troppo complicati da usare, al punto che gli utenti si trovavano in mano “telefonini” dotati di infinite funzioni che non sapevano neppure esistessero.

Ma poi c’è l’aspetto puramente tecnologico da tenere in considerazione: se un gruppo di persone ha un’idea per risolvere un problema, può essere che non esista ancora una tecnologia abbastanza matura per farlo. Si è scontrato con questo limite il PDA, o personal digital assistant, una sorta di palmare nato nei primi anni Novanta per rispondere all’esigenza di rendere portatili, anzi, quasi tascabili, la potenza e la versatilità offerte da un personal computer. E sebbene molti nel settore pensassero ai PDA come ai primi device post-PC, questi ultimi non hanno mai avuto il successo sperato; non perché l’idea di fondo non fosse azzeccata, ma perché non esisteva la tecnologia per renderli veramente funzionali; abbiamo dovuto aspettare i primi smartphone moderni per vedere applicato quel concetto in un modo che avesse appeal sul mercato.

Esempio di personal digital assistant, o PDA
Esempio di personal digital assistant, o PDA

Così ora ci troviamo con questi gadget AI, lo Humane AI Pin e il Rabbit R1, che tentano di risolvere un problema, cioè la nostra dipendenza dagli smartphone e soprattutto dalle app che ci abbiamo installato, che invadono la nostra vita sempre di più rendendola più stressante e facendoci perdere tempo; tuttavia, come per i PDA, il problema è che la tecnologia che dovrebbero usare per risolvere questi problemi, l’intelligenza artificiale, non è ancora abbastanza evoluta e precisa per poter gestire tutte le funzioni che utilizziamo u uno smartphone. Ora, questi prodotti dovrebbero in teoria usare l’IA per svolgere automaticamente tutte le funzioni che normalmente svolgiamo con uno smartphone, e in più sono studiati per essere poco invasivi, nel tentativo di farci tornare a una vita più “analogica”, senza rinunciare però a molte delle potenzialità dei nostri smartphone.

Lo Humane AI Pin, per esempio, è un concept interessante, ma la necessità di usare solo i comandi vocali insieme all’incapacità di eseguire correttamente la gran parte delle richieste, rende questo prodotto un raffinato e costoso (700 dollari più un abbonamento mensile) esercizio di stile. E il Rabbit R1, nasce per essere divertente e giocoso, non troppo costoso (200 dollari), e soprattutto per trarre vantaggio da un large action model in grado di usare le applicazioni al posto nostro. Sarebbe interessante, se non fosse per il fatto che al momento solo quattro applicazioni sono supportate e anche per queste il dispositivo non è in grado di eseguire correttamente la gran parte delle richieste.

Lo Humane AI Pin
Il Rabbit R1

Non c’è nulla che questi device facciano tuttora che un uno smartphone non sia in grado di svolgere, e in più persino l’intelligenza artificiale è più funzionale su smartphone, fruita attraverso applicazioni. L’unico vantaggio di questi gadget è il fatto che hanno l’IA  integrata a livello di sistema, permettendo interazioni potenzialmente più utili nella vita di tutti i giorni. Eppure, anche in questo caso, Google e Apple sono in procinto di integrare l’IA a livello di sistema in Android e iOS, togliendo anche questo residuo vantaggio (teorico) a questi gadget. Sembra quasi che il futuro dello smartphone non sia un nuovo device, ma uno smartphone potenziato da un’IA integrata a livello di sistema: per la serie “il problema non è l’hardware ma il software”.

La realtà è che quella dello smartphone è un’idea così geniale che è stato difficile negli ultimi anni trovare un’idea migliore. Ci sono sati vari gadget innovativi, come gli smartwatch, i tablet e-ink per la lettura, i visori per la realtà mista e altri ancora, ma nessuno di questi è un sostituto dello smartphone, semmai un dispositivo utile e complementare. I visori non saranno certamente accessori, saranno invece sempre più device “stand-alone”, tuttavia non sembrano in competizione con lo smartphone, semmai lo sono con il personal computer tradizionale.

Non voglio però dare per morti questi gadget AI. In fondo lo Humane AI Pin e il Rabbit R1 sono solo le prime iterazioni, e c’è ancora la possibilità che questa nuova categoria abbia successo. In primo luogo perché l’IA sta facendo passi da gigante, e se pensiamo alla differenza tra i modelli linguisitici di 5 anni fa e quelli di oggi, la differenza è abissale. E poi perché ci sono molte persone note nel mondo tech al lavoro in questo settore. Uno di questi è Panos Panay, che è stato capo di Windows e Surface per molti anni in Microsoft; è stato lui a portare la linea Surface dallo stato di concept a quello di una linea di prodotto coerente e apprezzatissima dai consumatori. Ora Panos Panay è andato in Amazon, e sembra che sia al lavoro su un nuovo device basato sull’IA, forte dell’esperienza con Surface e con la possibilità di far uso dell’innovativo modello linguistico, ancora non pubblico, di Amazon. E c’è poi la tanto chiacchierata joint-venture tra Sam Altman di OpenAI e Jony Ive, il noto designer di Apple che nel 2019 lasciò l’azienda per aprire una sua firma di design; dalle indiscrezioni pare che i due vogliano avviare una nuova start-up con lo scopo di realizzare un device AI facile e intuitivo da usare e con un design all’altezza di Ive.

Vedremo dunque come andrà a finire questa storia, ma credo che i device AI non siano di per sé una cattiva idea, anzi, potrebbero persino rivoluzionare il nostro apporto con la tecnologia. Ma quello che manca oggi è l’esecuzione, per il semplice fatto che la tecnologia non è ancora pronta e l’IA non è ancora abbastanza matura per farsi carico di tutte le funzioni di uno smartphone. Ben vengano però idee innovative come queste, e spero che questi non siano gli ultimi tentativi di portare sul mercato dei gadget simili, perché l’idea alla base ha molto potenziale.

Indietro
Indietro

x86 sta arrivando al capolinea: riuscirà Intel a reinventarsi?

Avanti
Avanti

Apple, Wall Street e Intelligenza Artificiale: una storia di aspettative e incomprensioni